UN PÒ DI STORIA E LEGGENDE :

Invero, è capitato svariate volte che, nel corso dei secoli, i reali motivi che hanno infiammato sanguinose battaglie non avevano nulla a che fare con il pretesto.
Come la battaglia di Zappolino, a 30 km da Bologna, che rappresentò uno dei più cruenti scontri medioevali che coinvolse circa 35.000 fanti e 5.300 cavalieri e più di tremila uomini persero la vita sul campo di battaglia.
Le 2 città si contendevano i territori difesi da castelli e rocche.
Nell’estate del 1325 i bolognesi saccheggiarono le campagne modenesi.
A Modena, Passerino Bonacolsi, già signore di Mantova e alleato dei Visconti e degli Estensi, aveva preso il potere.
Alla fine di settembre, i modenesi conquistarono il castello di Monteveglio e il castello di Zappolino rimaneva l’ultimo baluardo bolognese.
L’inevitabile scontro avvenne il 15 novembre 1325 al calare del sole oppure alle 15:30 ( alcune fonti riferiscono che lo scontro avvenne all'ora del vespro, ovvero strictu sensu alle 18, ma l'ufficio religioso del vespro si celebrava dopo le 15 ) e vide schierati circa 30000 fanti e 2500 cavalieri per i bolognesi, contro 5000 fanti e 2800 cavalieri per i modenesi ( molti veterani germanici ).
Considerando la superiorità numerica dei bolognesi, si poteva prevedere una facile vittoria, ma la realtà andò diversamente : i modenesi, che annoveravano nelle loro fila gente come Azzone Visconti e Gangalando Bertucci, sbaragliarono in un paio d’ore le forze bolognesi raccogliticce e male armate guidate dell’inesperto Malatestino da Rimini e dal violento ( per Dante ) e codardo Fulcieri da Calboli, capitano del popolo di Bologna.
Fulcieri fu il primo tra i soldati che fuggirono approfittando del buio da Prati di Saletto, dove i modenesi avevano intrappolato i bolognesi.
I fuggitivi tentarono di rifugiarsi in diversi castelli, che poi i modenesi distrussero, arrivando fino a Casalecchio, alla chiusa del Reno.
Lì i modenesi si fermarono sotto le mura, lasciando Bologna senz’acqua, senza, però, sottoporla ad assedio.
Si accontentarono di farsi beffe dei bolognesi, organizzando delle giostre cavalleresche sotto i loro occhi.
Dopo 4 giorni decisero di tornarsene a casa, con uno strano trofeo : un secchio rubato dal pozzo di via S. Felice, oggi visibile nel palazzo comunale.
Interessante notare come dopo 3 secoli Tassoni, similmente al Don Chisciotte di Cervantes o al Roman comique di Scarron, trasformi e ridicolizzi la poesia epica.
Tassoni usa la storia ( presa di Castelfranco del 1323 ) e la cronologia ( battaglia di Fossalta del 1249; prigionia di re Enzo; richiesta di aiuto dei modenesi a Federico II, eventi avvenuti in realtà, un secolo prima ), piegandola ai giochi della sua fantasia per trarne un gustoso intrigo barocco, al quale partecipano addirittura anche alcuni dei pagani ( Marte, Minerva, Venere e Bacco ), guerrieri sempre pronti sempre a scappare davanti al pericolo ( Culagna ) ed eroine ( Renoppia ).
Il poema si conclude con la sconfitta dei bolognesi e il legato del papa riesce a concludere la pace a condizione che i modenesi si tengano il secchio e i bolognesi re Enzo.
Un nome che esprime benissimo l’assurdità di uno scontro dove morirono oltre tremila soldati, del tutto inutilmente : pochi mesi dopo, le 2 città firmarono la pace che riportò i confini esattamente com’erano prima della battaglia.